Xylella: nanotecnologie e peptidi, così ora si tenta di contenere la sua diffusione

Xylella: nanotecnologie e peptidi, così ora si tenta di contenere la sua diffusione

Xylella: nanotecnologie e peptidi, così ora si tenta di contenere la sua diffusione


Si potrebbe dire che, in Salento, oggi la Xylella fa un po’ meno paura. La comunità scientifica segnala infatti una mitigazione dell’epidemia, anche per merito delle nuove pratiche agronomiche e fitosanitarie messe in campo. Non c’è dubbio che sia ancora troppo presto per abbassare la guardia: piuttosto, ribadiscono gli scienziati che se ne stanno occupando, serve prestare attenzione alle possibili evoluzioni della malattia, utilizzando gli strumenti high tech e le innovazioni disponibili per prevenire nuove ondate devastanti, analoghe a quelle che hanno investito il sud del nostro paese negli ultimi anni.

Non è un caso che se ne si parli ora. Le principali iniziative di ricerca, e le nuove conoscenze epidemiologiche che si stanno accumulando, sono state presentate nel corso della quarta conferenza europea su Xylella che si è svolta lo scorso 20 agosto a Lione, in Francia. Il Cnr di Bari ha segnalato una più ridotta capacità dei vettori nel trasportare il batterio da una pianta all’altra, sottolineando anche come in alcuni casi i sintomi sui vegetali siano in remissione. Una riduzione delle iper-infezioni, con il conseguente aumento del numero di piante sopravvissute, che fa tirare un piccolo respiro di sollievo ma allo stesso tempo apre le porte alla necessità di nuovi approfondimenti.

15 anni di storia

Ripartiamo, in breve, dall’inizio: arrivata in Italia nel 2008 dalla Costa Rica all’interno di materiale floro-vivaistico e di piante di caffè, Xylella fastidiosa è un batterio che blocca il flusso della linfa nelle piante ostruendone i vasi. Nel corso degli anni ha causato la morte e indotto l’abbattimento di milioni di ulivi, e nel complesso sono risultati contaminati oltre 180mila ettari di terreno. I danni maggiori si sono registrati nel Salento, in Puglia, nel 2020, quando la produzione agricola della zona ha subito un danno quantificato in circa 1,6 miliardi di euro.

Il principale vettore di Xylella è notoriamente la sputacchina, un insetto in grado di percorrere autonomamente, nel corso di una stagione, fino a 400 chilometri. E, secondo le più recenti evidenze raccolte, questo animaletto sarebbe anche il responsabile della buona notizia della riduzione della diffusione del batterio in Salento.

La situazione quest’anno, per ora, sembra tutto sommato sotto controllo: al momento sono stato individuate appena un centinaio di piante infettate da Xylella, contro le 243 identificate lo scorso anno nello stesso lasso di tempo. I comuni colpiti si trovano principalmente tra le province di Bari, Brindisi e Taranto, ma resta fondamentale che il raggio d’azione del batterio non si espanda, perché i danni potrebbero diventare molto rilevanti in breve tempo. Secondo uno studio della rivista statunitense Pnas pubblicato durante il periodo più critico, l’impatto economico in Italia potrebbe crescere fino a 5,2 miliardi di euro nel prossimo mezzo secolo se l’espansione della zona infetta non venisse arrestata.



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di Gianluca Dotti www.wired.it 2023-09-06 04:20:00 ,

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